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martedì 31 marzo 2009

SESSHIN... dal tramonto.... all'alba

SESSHIN...

dal tramonto...

foto tramonto

Sia

di Alberto Giacomini

Fu Taisen Deshimaru, successore del Maestro Kodo Sawaki, nell'ormai lontano 1969 che, dietro invito di Cesare Barioli, iniziò a trasmettere presso il Bu-sen di Milano la pratica e lo spirito dello Zen Soto ad un folto gruppo di judoka desiderosi di scoprire e praticare le radici della loro Arte.

In occasione degli incontri mensili che seguirono, il Maestro introdusse la pratica di alcuni Kata base di Shiatsu e l'uso della moxa diretta. Il seme era stato piantato. Nutrito da ricerche e studi approfonditi questo seme è poi diventato un albero fiorito: la Scuola di Zen Shiatsu, il cui profumo ne pervade l'insegnamento.

Il profumo, l'autentico Spirito Zen trasmesso dal Maestro Deshimaru, culmina nel pervenire allo stato di Mushin o Vacuità sia durante i trattamenti, sia durante la pratica prolungata che si chiama Sesshin, contrazione fonetica degli ideogrammi Setsu e shin il cui significato è toccare lo Spirito. In altri termini, entrare in contatto con la propria vera natura, diventandone consapevoli. Obiettivo immanente che pervade la letteratura Zen, Taoista, Induista, Sufi ed è oggetto di indagine appassionata da parte di innumerevoli ricercatori della Verità.

Nella tradizione Soto Zen, il Sesshin alterna fasi di meditazione in posizione seduta o Zazen, a fasi di meditazione in movimento nella camminata Kin-hin. Quando si protrae quasi ininterrottamente per una settimana si chiama O, grande, Sesshin; se per una sola notte invece Ko, piccolo, Sesshin.

Ko Sesshin è quello tradizionalmente praticato nelle Arti marziali che s'ispirano allo Zen, così come nella nostra Scuola, dove si effettua dal tramonto all'alba. La partecipazione è gratuita e aperta ai tutti i praticanti indipendentemente dal livello raggiunto e dalla scuola d'appartenenza: esperti shiatsu-shi, shiatsu-ka, allievi avanzati o principianti, sono tutti ugualmente benvenuti. La Scuola lo propone abitualmente in primavera e in autunno. Quest'anno, in occasione del solstizio d'estate se ne sono svolti simultaneamente tre in altrettante città.

Per chi s'avvicina per la prima volta a quest'esperienza, avvolta dal fascino intrigante della notte, si tratta di qualcosa di unico, desiderato e temuto allo stesso tempo. Sottile eccitazione per l'insolita novità, dubbi sulle proprie qualità tecniche, perplessità sulla propria capacità di resistenza psicofisica, aspettative miracolistiche, ansie per i riflessi sulle relazioni affettive che hanno eventi straordinari come questo: il bagaglio emozionale che ciascuno si porta appresso è in fermento.

Eccone il motivo. Lo Shiatsu si svolge in coppia: avviene un contatto spesso profondo e prolungato, tra le mani di chi lo effettua, Tori, con il corpo di Uke, colui che lo riceve.

Lo stile di Shiatsu che abbiamo sviluppato e messo a punto negli ultimi vent'anni differisce alquanto da quello marziale, originario del Giappone. Mentre entrambi sono straordinariamente efficaci nello stimolare il ripristino della vitalità, il nostro è anche particolarmente rispettoso della sensibilità di chi lo riceve. Infatti, il peso applicato da Tori nei vari punti è quello che Uke può accettare: ecco perché riceverlo è estremamente piacevole, oltre a essere rilassante e rinvigorente.

Nella cultura occidentale questo contatto profondo, gradevole e prolungato, quando è accettato, si concepisce come qualcosa che può essere praticato durante il giorno, inserito fra i vari impegni della convulsa vita sociale e la cui durata sia di un'ora al massimo. Viceversa, nel Sesshin esso non solo avviene di notte ma si protrae ininterrottamente dal tramonto all'alba. Questo cambiamento di prospettiva, l'aura di mistero che inevitabilmente avvolge le attività notturne uniti alla possibilità dello scambio di un piacevole contatto fisico, sono le cause principali dell'iniziale disagio emozionale.

Tuttavia, quando il suono della campana zen scandisce l'inizio del Sesshin si avverte un sottile cambiamento nell'atmosfera del Dojo: man mano che il tempo trascorre la pratica prende gradualmente il sopravvento su quegli stati d'animo. Essi dapprima si attenuano, poi sono relegati sullo sfondo e infine si dissolvono.

E' prematuro e semplicistico ritenere di essere così pervenuti al Mushin, ma come dice il saggio: "Un viaggio di diecimila li, inizia con un passo".

In realtà accade che altri pensieri, altre emozioni si susseguono: desiderio d'apprezzamento, dipendenza da un compagno, paura del giudizio o aspettative disattese possono manifestarsi e affiorare di tanto in tanto. Provvidenziale, ogni mezz'ora, il suono della campana zen segnala lo scambio di ruolo: chi ha dato riceverà da un compagno che, in un'altra coppia, ha appena ricevuto. Così ogni pensiero-emozione connessa con ciò che si stava ricevendo si stempera nel nuovo ruolo con un differente compagno.

Via via che la pratica si svolge, avviene un affievolimento della tensione e un cambiamento della qualità dell'attenzione. Ricordare quanto è avvenuto e con chi, non ha più importanza. Il sovraccarico sensoriale per lo shiatsu ricevuto porta per a uno stato d'intenso rilassamento da cui si esce rigenerati-assonnati. Al suono della campana, dare shiatsu da questo stato di semi sonno e di semi veglia avviene, fortunatamente, senza più scopo né aspettative. I confini corporei sfumano, la percezione di sé e dell'altro diventa più ampia, e, posto che vi si presti particolare attenzione, appaiono sensazioni alquanto diluite e sovrapposte.

Man mano che la pratica continua avvengono movimenti energetici che sono percepiti simultaneamente da entrambi: i componenti della coppia sembrano come trasformati in un'unica entità, una Gestalt più vasta e sottile. Anche i confini con l'esterno man mano si stemperano fino a che l'ambiente stesso viene a far parte della Gestalt e viceversa. Ora vi è l'assoluta certezza che questa sia la Realtà e si comprende come lo Shiatsu avvenga e si manifesti spontaneamente attraverso quell'unica entità vasta e sottile.

Poi il tempo si dilata ed è come se tutto si fermasse, compresi i pensieri. Vi è solamente una presenza osservatrice.

Si è pervasi da una calma straordinaria dal cui centro sgorga un magico silenzio... di cui si è sempre saputo...e che si riconosce; finalmente ci si sente a Casa.

Queste percezioni si protraggono molto tempo dopo che la campana zen ha suonato la fine del Sesshin.
Talvolta, per tutta la vita.

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foto alba
...all'alba

Nota dell'autore

Parlare di stati non ordinari di coscienza, che sono appunto stati di non-mente, significa concettualizzare, ossia descrivere l'esperienza attraverso il linguaggio, nel tentativo di rendere ora accessibile alla mente ciò che le era invece stato precluso.

Sembra quindi che queste descrizioni si riferiscano principalmente al tempo immediatamente precedente e successivo a quello dell'avvenimento vero e proprio.

In quanto alla descrizione all'evento di per se, sembra plausibile che sia quella di ciò che la mente, a posteriori, riesce a ricostruire attraverso i suoi mezzi ordinari. Ecco perché le esperienze sono così arricchenti e le loro descrizioni cosi scarne.

Come ha detto più concisamente Lao Tsu:
"il Tao di cui si parla non è il vero Tao"

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